Titoli fantastici e come trovarli

Le (poche) cose che ho imparato prima che fosse troppo tardi

Titoli fantastici e come trovarli

Il titolo è un elemento fondamentale in un’opera fantastica, anche se talvolta l’editore solleva gli autori da questo fardello e ne suggerisce o ne impone uno tutto suo. Tra tutti i tipi di titolo, quelli più semplici hanno spesso avuto buoni, anzi ottimi risultati, per cui prima di cercare un titolo insolito o ad effetto per la propria opera diamo uno sguardo sulla consuetudine e sulla pratica abituale del titolo fantastico.

A mio avviso un titolo, per funzionare al meglio oltre a dare il senso dell’opera, deve avere un impatto, non deve generare confusione con altre opere e – importantissimo – si deve ricordare senza troppa fatica. Il titolo del mio primo romanzo, “Jacques Korrigan a Brocéliande”, era difficilissimo da ricordare e aveva un richiamo di nicchia che aveva quindi un impatto ridotto. Serviva a dare il via a una serie, a creare un elemento riconoscibile con i futuri “Jacques Korrigan e la Pietra di Artù” e “Jacques Korrigan e la Strada di Pietra”. Fu un errore di notevole portata. Io e la mia deliziosa coautrice lo cambiammo in seconda edizione, avendo cura di lasciare l’originale come sottotitolo. Il titolo che scegliemmo è semplice, nella tradizione del romanzo fantastico e soprattutto non si rivolge solo ai quattro gatti appassionati delle leggende arturiane e del mito bretone: “La Foresta degli Incanti”. Non ne avrei mai scelto uno così banale, prima di inciampare e farmi molto male con il titolo originale.

La maggior parte dei titoli “semplici” si giocano solo su due o raramente tre elementi. Questi elementi sono evocativi, spesso inflazionati e banali, ma insieme devono costituire qualcosa che sia d’impatto e sia facile da ricordare.

Per le armi, abbiamo una vagonata di titoli centrati su spada e lama, diversi su daga, pugnale, bastone e ascia, pochi con lancia e altre armi. Non compaiono quasi mai armi come la mazza (probabilmente per evitare equivoci spiacevoli), il mazzafrusto, la catapulta, l’alabarda o lo stocco. Titoli di best seller come “il Trono di Spade”, “la Spada di Shannara”, “la Lama dei Druidi” funzionano molto bene, mentre probabilmente “la Catapulta di Shannara” o “la Balestra dei Druidi” avrebbero dato qualche problema.

Poi abbiamo le parti del corpo, con in pole position il sangue, l’occhio, l’ala, l’artiglio, la coda, le corna, le zanne e le mascelle. Più raramente compaiono chiome, criniere, zoccoli, creste e pinne, mentre sono sottovalutate nei titoli altre parti come le ginocchia, le orecchie, il naso e il mento. “L’Ala del Drago” è un titolo che si ricorda bene, “la Grigia Criniera del Mattino” uno molto più elaborato e particolare, che includerei tra i titoli complessi.

Per l’architettura e l’urbanistica abbiamo un’inflazione di castelli, fortezze, palazzi, torri, città, villaggi, locande e taverne, tumuli, templi, prigioni, segrete, strade, vicoli e sentieri, tanto che è inutile far degli esempi. Altri elementi compaiono più raramente: i porti, i pozzi, i merli, le guglie, i tetti, gli archi e le volte che pure hanno un potenziale come ne “il Pozzo di Shiuan” e “le Volte di Fuoco”, titoli di tutto rispetto. Si hanno poi anche regni, ducati, contee, imperi e baronie.

Oggetti assortiti, spesso simbolici o magici, come armature, elmi, scudi, sigilli, talismani, amuleti, anelli, scrigni, chiavi, corone, scettri, troni, coppe, calici, pietre, gemme sono molto comuni dei titoli. Non compaiono praticamente mai oggetti meno evocativi, anche se un titolo come “la Settima Caraffa” o “la Grattugia del Negromante” mi indurrebbero a leggere subito la quarta di copertina.

Un discorso a parte andrebbe fatto per la musica, dove arpe e corni vanno per la maggiore, ma dove compaiono anche canti, canzoni, danze e ballate.

Sul piano meteo troviamo soprattutto tempeste, nebbie, ghiacci, arcobaleni, bufere, uragani. Lievi brezze e pomeriggi di sole tirano poco. Nei titoli compaiono abitualmente anche nuvole, lune e stelle.

Gli ambienti naturali sono praticamente tutti ben rappresentati: isole, boschi, foreste, giungle, valli, montagne, fiumi, laghi, mari, praterie, paludi, deserti e profondità abissali. C’è di tutto, senza discriminazioni. Molto utilizzati anche i particolari e le manifestazioni naturali: alberi, tronchi, rami, pietre, sassi, sabbie, terre, fanghi, fiori, spiagge, scogliere, onde, fuochi…

Invece per gli animali, realistici o fantastici, c’è una grandissima preponderanza di quelli con forte carica drammatica ed epica, come draghi, grifoni, lupi, segugi, serpenti, cinghiali, falchi, orsi, cervi e così via, con meno creature comuni – che comunque a volte compaiono – come cani, destrieri, colombe. Quasi mai vengono rappresentati nei titoli animali poco nobili. “Il Sigillo del Bradipo Rampante” o “l’Artiglio Scarlatto del Fagiano” non funzionerebbero molto bene.

Per i ruoli e le professioni, ci sono un’infinità di eredi, principi, principesse, araldi, barbari, guerrieri, stregoni, maghi, incantatori (e varianti assortite), re, imperatori, capitani e soldati, pirati, ladri e assassini, viandanti e reietti. Compaiono talvolta cortigiane, fabbri, mercanti e scudieri ma rarissimamente sono ritenuti degni d’un titolo manovali, contadini, falegnami, scrivani o stallieri. Sul versante dei non umani, si trovano frequentemente fate, elfi, gnomi, nani, orchi, troll e goblin.

Compaiono spesso anche dei concetti drammatici, spesso militari e di combattimento, come la morsa, la stretta, l’agguato, l’assedio, la carica e la fuga, oppure basati su situazioni e sensazioni come il terrore, la disperazione, la desolazione, la solitudine, la tentazione, la morte, il destino, il fato. Nel calderone dei concetti molto gettonati c’è poi la magia, il sortilegio, la stregoneria, la pestilenza, la ribellione, la vittoria e la sconfitta, il ritorno e l’esilio.

Agli elementi base, che ben combinati possono già dare un bel titolo di loro, si aggiungono poi a piacere nomi – possibilmente con un potenziale esotico e una sonorità adatta all’atmosfera – aggettivi e variazioni che danno quel tocco distintivo che arricchisce l’insieme.

Aggettivi sensoriali, basati su luce, colori, suoni e temperatura sono molto utilizzati: freddo, scarlatto, silente, oscuro sono ingredienti abituali di un titolo con una struttura molto semplice. Anche i metalli, come ferro, acciaio, bronzo, argento e oro fanno la loro figura nei titoli e uniscono una sensazione cromatica a una tattile.

Il punto di equilibrio tra un titolo inflazionato e un titolo che non si ricorda è molto sottile e l’unico consiglio che posso dare è quello di scegliere con attenzione e ascoltare molti pareri perché sbagliare è molto facile.

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Come scrivere un romanzo di successo in dieci semplici punti

  1. Per scrivere ti serve una penna e un po’ di carta, ma anche un computer va bene. Solo, non scrivere con la penna sul monitor. Usa la tastiera, che è quell’attrezzo con le lettere sui tasti.
  2. Per scrivere un romanzo ti serve sapere cos’è un romanzo. Se non lo sai, comprane uno a caso. Ti sorprenderà.
  3. Per avere successo, non basta premere tasti a caso o copiare qualcosa che ha scritto qualcun altro. Devi fare qualcosa di originale, ma prima di tutto devi scegliere in che lingua scrivere. Per avere maggiore successo, devi assolutamente scrivere in mandarino. No, quello lì è il limoncello. Posalo. Ecco, bravo. Telefona a qualche associazione, tipo Italia-Cina, e segui un bel corso di cinese mandarino. Cinque anni di lezioni dovrebbero bastare. Se poi non ti senti ancora sicuro, scrivi pure in italiano. Saranno gli editori stranieri a pagare un traduttore.
  4. Sei finalmente pronto a scrivere la tua storia? Bene, hai tutto: un master in mandarino, una tastiera, un romanzo da cui scopiazzare.
  5. Sai già cosa sono l’incipit, l’infodump, la consecutio temporum, il climax? Fa nulla, tanti autori di successo non hanno idea di che roba sia. Invece, esercitati a descrivere le scene esplicite. Prendi un filmato al giorno da pornhub o youporn e descrivilo con dovizia di particolari. Affina lo stile e non ti preoccupare della plausibilità, tanto il tuo pubblico è costituito da lettori: se lo hanno mai fatto, se lo sono scordati da tempo.
  6. Adesso è ora di fare delle scelte importanti. Puoi dividere il testo in capitoli lunghi o corti. Non cambia nulla, ma ai lettori sembrerà una scelta impegnata e pregna di significato. Puoi scegliere anche tra le virgolette caporali e quelle inglesi e se separare i paragrafi tra di loro con un piccolo spazio verticale. Anche qui non cambia nulla e se ti contestano, puoi sempre dire che te lo hanno impaginato così e che tu non eri molto d’accordo.
  7. Una volta finito il romanzo, è ora di revisionarlo. Nelle revisioni, alcuni autori rileggono tutto. Ma è una procedura noiosa. Per far prima, misura la lunghezza del tuo romanzo “in caratteri”, dividi il totale per 3,14, moltiplica quello che ottieni per il numero di lettori al mese che vuoi ottenere diviso 3000 e aggiungi 2000 caratteri per la teiera. Se non hai una teiera non importa, neppure io ho mai capito questa cosa. Taglia il testo a casaccio o integralo per ottenere il numero di battute ottimale secondo questo semplice calcolo e avrai finalmente il definitivo, con cui deliziare le case editrici.
  8. Un testo in “Times new roman” è considerato banale. Prima di spedire alle case editrici, seleziona tutto e mettilo in “Comic sans MS” o in un carattere dotato di forte personalità. Accludi una lettera in cui affermi senza ombra di dubbio che il tuo romanzo straccerà ogni record di vendita e non aver scrupolo a definirti Maestro (con la maiuscola). Evita le frasi di cortesia, gli editori sono gente rude ma sincera e non ci fanno caso.
  9. Se avrai fortuna, verrai contattato da qualche casa editrice molto interessata a pubblicare il tuo lavoro. Se ti chiedono di comprare delle copie della tua stessa opera, acconsenti con benevolenza. Sicuramente le rivenderai senza sforzo grazie alla potenza e audacia della tua prosa.
  10. Ecco, se sei arrivato fin qui, avrai infine capito perché non ci si può proprio fidare dei decaloghi presi dal web.

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