Il Sentiero di Pierre

Brano in anteprima da “Jacques Korrigan e la Pietra di Artù”

di Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

 

La giovane donna si lasciò scivolare lentamente, sedendosi a terra. I lunghi capelli neri scarmigliati le ricadevano sul viso pallido e tirato.

«Estela!» la chiamò il vecchio calvo. Impugnava un fucile e aveva una sciarpa verde intorno al collo.

Lei non gli rispose, ma lo guardò con aria esausta.

«Ė chiuso?» la incalzò l’altro, in francese.

Estela annuì brevemente. Poi gli tese il braccio per farsi aiutare.

Il francese le strinse la mano. Era piccola e calda. Gli occhi della spagnola erano scuri come la notte e brillavano di determinazione. Con uno strattone il vecchio la tirò in piedi.

«Tutto bene», lo rassicurò la ragazza.

«Ti ho coperta con gli altri, ma questo deve essere l’ultimo gruppo!» Il tono dell’uomo non ammetteva repliche. «Ė chiaro?»

Lei si strinse nelle spalle.

Le altre guide, due maquisard dall’aria cupa, stavano conducendo i fuggiaschi verso il vecchio sentiero che s’inoltrava nel bosco. L’autunno aveva dipinto i faggi di giallo e rosso, creando un’esplosione di colori e sfumature.

«Questa strada doveva essere chiusa nel ‘38», aggiunse il vecchio.

«Ė una mia responsabilità, Troadec», tagliò corto lei. Alzò lo sguardo verso il cielo, valutando con occhio esperto le nuvole grigie. Imprecò in spagnolo e si incamminò a passo spedito verso il gruppo, senza curarsi che il vecchio la stesse seguendo.

 

Si portò davanti ai profughi e li fermò. Trentadue persone, quante era riuscita a metterne insieme per quel viaggio oltre i Pirenei, otto famiglie e qualche fuggiasco disarmato. E un bimbo da solo. Si accovacciò e gli fece cenno di avvicinarsi. «Come ti chiami?»

«Pierre, signora», rispose il bimbo, chinando appena il capo. Aveva un cappello di lana e la guardava con grandi occhi castani.

«E quanti anni hai, Pierre?»

«Cinque, ne farò sei a giugno, signora.»

Estela sospirò. «Di dove sei?»

«Rennes.»

Si girò verso Troadec che si era appoggiato a un albero e si stava accendendo una sigaretta. «L’hai portato tu?»

«Me l’hanno affidato quelli di Paimpont», rispose il vecchio stringendosi nelle spalle. «Ma non sono una dannata bambinaia!»

Lei lasciò correre lo sguardo tra le famiglie, quindi prese una decisione: una coppia ancora giovane con una bambina di due o tre anni dalla treccia bionda come il grano. Prese Pierre per mano e lo accompagnò di fronte alla donna.

«Ce la fai a tenerlo al sicuro?»

Lei annuì. Aveva i capelli chiari tagliati all’altezza delle spalle e il viso provato dalla lunga fuga. Passò la bambina al marito e prese il ragazzino per mano.

Estela accennò un sorriso, un ringraziamento muto. Poi guardò la bambina dalla treccia bionda. «Mi dispiace, tesoro», le disse con rammarico, sfilandole delicatamente la catenella d’oro dal collo. Soppesò per un istante il ciondolo con la stella a sei punte. «E più sicuro lasciarla alle nostre spalle.»

Scavò una piccola buca con lo stivale e ci infilò la collanina, chiudendo il nascondiglio improvvisato con un grosso sasso piatto.

«Non siamo ancora in salvo», annunciò ai fuggiaschi. «E questo è un luogo pericoloso: restate in gruppo e non vi allontanate mai da soli!»

«Vi conviene muovervi», disse uno dei maquisard, un uomo di mezza età con un basco e una pistola tedesca.

«Aspettiamo che il cielo si rassereni, Marc», decise Estela.

«No, incamminatevi subito», ordinò Troadec, facendo un cenno ai due maquisard. «Noi tre resteremo in retroguardia.»

«Non c’è nulla dietro di noi», protestò la donna, fissandolo perplessa. «Non ci possono seguire qui.»

«Ci seguiranno, invece.»

Estela lo guardò con sospetto. «Cos’hai fatto?»

Troadec diede un lungo tiro alla sigaretta e socchiuse gli occhi. «Ci seguiranno», ripeté. «E noi regoleremo un vecchio conto.»

«Hai riaperto il passaggio, vecchio pazzo?»

Troadec scosse la testa. «Estela, lascia stare e porta via questa gente.»

«Senza sapere chi ci verrà dietro e come? Non essere assurdo», protestò lei.

«Siamo stati traditi», ammise il vecchio, dopo qualche istante. «Alcuni di noi sono passati dalla parte dei nazisti. E tra questi c’è chi sa varcare il velo».

«Come? Ma è folle! Non doveva succedere, per gli Dei!»

«Non doveva succedere ma è successo. Si combatte già a Paimpont e a Carnac, oggi si combatterà anche qui.»

Estela fece una smorfia. «Ė una trappola! Una dannata trappola! E mi avete usata, ci avete usati tutti per trascinare qui il traditore!»

«Non avevamo altra scelta», ammise Troadec. «Non deve uscire vivo da questo luogo, va fermato prima che possa causare danni ben più gravi.»

La donna posò la mano sul calcio della pistola che portava alla cintura. «Se ci stanno inseguendo, ci aspetteranno dall’altra parte! Ci hai condannati a morte, bastardo!»

«L’importante è fermarlo qui e adesso Che vuoi fare, vuoi spararmi? Questa è una guerra e in guerra bisogna combattere, uccidere e anche morire, se questo è il prezzo che ci viene richiesto. Porta via queste persone, ragazzina, portale verso il centro del bosco dove il potere dei Sidhe è più forte.»

Estela imprecò. «Non finisce qui, Troadec!»

 

La donna guardò i fuggiaschi che sedevano a terra cercando di riprendere fiato e forze. Alcuni erano vecchi, molti erano denutriti, stanchi, spaventati, storditi. Portavano vestiti maquis e avevano tutti scarpe robuste. Per fortuna. Qualcuno cercava di capire in che situazione si trovasse, guardandosi attorno perplesso. Ebrei, famiglie di maquisard, tanti bambini.

L’esca della trappola di Troadec.

«Forza, dobbiamo addentrarci nella foresta!» li incitò, aiutando i vecchi ad alzarsi e cercando di scuotere coloro che si erano arresi alla confusione.

Li guidò nel bosco sul vecchio sentiero, tenendoli uniti e controllando continuamente che nessuno restasse indietro. Tirò fuori dalla giacca il ciondolo dell’uomo cervo che portava al collo e lo lasciò in bella vista, l’argento opaco nella penombra.

Il pomeriggio prima di Samhain: quale momento migliore per portare dei superstiti oltre il velo e poi indietro? Se soltanto le avessero fatto gestire l’operazione senza interferire, ce l’avrebbe certamente fatta.

 

Si fermò solo quando udì gli spari in lontananza e il vento incominciò a spazzare gli alberi con violenza. Imprecò a denti stretti. Erano ancora troppo vicini al limitare del bosco: così non sarebbero arrivati da nessuna parte! Guidò il gruppo alle pendici di una collina rocciosa e trovò una piccola radura appartata dove nascondere i suoi protetti.

«State al riparo», ordinò.

«Tu dove vai, maquisard?» chiese la donna bionda che si occupava di Pierre. Teneva il ragazzino per mano e stringeva a sé la figlia. Suo marito si teneva vicino a lei con aria protettiva.

Estela si strinse nelle spalle. «Vado a controllare, ad assicurarmi che non possano raggiungerci. Tornerò presto e riprenderemo la marcia.»

Tirò fuori la pistola e la porse all’uomo. «Ti lascio questa. Non che si possa fare molto con una sola arma se dovessero trovarvi, ma sai come vanno le cose con i nazisti, no?»

«Sì. Arrenderci è una condanna a morte», rispose lui, afferrando l’arma. «Se dovessero trovarci, farò il possibile.»

 

Estela si allontanò di corsa, nel vento fatato che batteva la foresta. Chiuse gli occhi, ignorando i colpi secchi di fucile e cercando l’altra metà del suo spirito, quella che poteva essere liberata soltanto oltre il velo. E lo spirito del lupo che era in lei rispose al richiamo.

La grande lupa nera che era Estela corse tra gli alberi, rapida e silenziosa macchia di oscurità nella penombra. Libera, esultante, bramosa di sangue e di morte. Passò oltre i soldati grigi che sparavano, urlando frasi incomprensibili, contro i giochi di luce che i Sidhe creavano apposta per loro. Individuò il suo nemico e si trattenne appena dal lanciare un ringhio di sfida.

Era un uomo di mezza età che lei non aveva mai visto prima, ma era certamente uno di loro. Era stato uno di loro. Nascosta dal vento fatato, Estela non gli diede neppure un istante per reagire.

La lupa saltò e le sue fauci si strinsero sulla gola dell’uomo. Il suo peso lo gettò a terra. Invano le sue mani cercarono di spezzare la presa ed Estela gli squarciò la gola, spegnendo la sua vita in pochi, cruenti battiti di cuore.

La sua identità probabilmente sarebbe rimasta un mistero, ma almeno non avrebbe mai più portato gli assassini nelle terre del Popolo.

 

L’odore di Troadec richiamò la sua attenzione. Seguendo la pista, Estela raggiunse in breve il maquisard: sedeva contro il tronco di un faggio, in una pozza di sangue.

Con un sospiro di riluttanza lasciò che lo spirito del lupo si allontanasse. Il vecchio respirava ancora, anche se era ferito molto seriamente. Troppo.

Quando la vide cercò invano di alzarsi.

«Stai fermo, voglio dare un’occhiata alle ferite.»

«Non è un bello spettacolo», la fermò lui. «Henri e Marc sono morti.»

E così erano rimasti solo loro due a proteggere i fuggiaschi. «Lo immaginavo. Il Popolo sta distraendo i tedeschi, ma non abbiamo molto tempo.»

«E il traditore?»

«Morto», garantì lei. «Adesso tirati su, che tampono l’emorragia.»

Troadec socchiuse gli occhi. «So riconoscere una ferita mortale, ragazzina! Quando me ne andrò non dovrò neppure fare la fatica di passare la soglia. Comodo, eh?»

Tossì due volte. Un rivolo di sangue scendeva dalle sue labbra, gocciando sulla giacca a vento e sulla sciarpa. «Gli altri… Portali in salvo», sussurrò.

«Non c’è salvezza alla fine della strada, vecchio», rispose Estela con un sospiro.

«Apri un’altra strada.» Troadec respirava a fatica.

«Ti sembro forse mago Merlino?»

«Non c’è altro modo», spiegò lui con voce flebile. «Ora vattene: stanno arrivando.»

«Ti porto con me.» Ma la sua voce era esitante.

Troadec le sorrise. Alzò la mano: impugnava una granata tedesca. «Vai via. Io ho ancora una sorpresa per quei bastardi.»

Estela annuì tristemente.

«Vattene», ripeté lui.

Lei si alzò e scivolò velocemente tra gli alberi, in direzione del luogo in cui aveva lasciato gli altri. Una forte esplosione le segnalò che Troadec aveva messo in atto il suo piano. Non aveva il tempo di cedere alla tristezza e in quegli anni aveva già versato tutte le sue lacrime. Due fulmini in rapida successione illuminarono la foresta e i tuoni la assordarono. I Sidhe. Doveva muoversi prima che la furia del Popolo diventasse tanto forte da colpire ogni intruso, senza distinzioni.

 

Pierre la stava aspettando in piedi sotto a un larice, ma quando la donna si avvicinò il bambino fece un passo indietro. Estela lesse il dubbio dipinto nei suoi occhi e capì che Pierre sapeva.

«Non aver paura, sono sempre io.»

«Sei una signora o un lupo?» chiese. La sua voce era bassa: evidentemente aveva deciso che era una questione tra loro due. Si grattò la testa pensieroso. Chissà quando aveva perso il suo cappello di lana.

Lei gli sorrise, cercando di rassicurarlo. «Non posso essere entrambe le cose?»

«Allora sei una signora lupo», concluse lui con filosofia.

Estela gli scompigliò i capelli. «Bravo ragazzo. Adesso devo portarvi verso il centro del bosco. Tu vai con quei signori con la bimba bionda e resta accanto a loro.»

Portò l’attenzione al gruppo di fuggiaschi. Il vento li atterriva, ma la furia dei Sidhe per il momento aveva risparmiato loro le allucinazioni.

«Signora lupo?» Pierre la tirava per la giacca.

Estela lo guardò, seria in viso. «Che c’è ancora?»

Gli occhi castani del bambino si erano schiariti e avevano assunto il colore luminoso dell’ambra. «La signora del bosco mi ha detto che andrà tutto bene.»

«La signora…» Estela sgranò gli occhi, guardandosi attorno tra i larici e i faggi. «Quando ti ha parlato?»

«Poco fa. Ma ha detto che andrà tutto bene», ripeté Pierre, allarmato dalla tensione che percepiva.

«Ha detto altro?»

«Di non aver paura e di pensare al mare, come se fossi su una scogliera con un castello.»

Estela strinse gli occhi. «Non è possibile! Non siamo ancora dall’altra parte di questa foresta!»

«Gli uomini cattivi non possono arrivarci, là», aggiunse Pierre.

«Non dovevano arrivare neppure qui», commentò la donna tra sé. «Stiamo portando la nostra guerra nelle terre del Popolo!»

 

L’immagine le giunse inaspettata. La Dama, spirito della terra e signora dei Sidhe, non aveva un viso vero e proprio, era tutt’uno con il bosco.

La guerra non ci spaventa, seanchaidhe. Aiuta il bambino: passate il velo ora, prima che sui vostri inseguitori si scateni la furia delle Terre Eterne.

 

Estela scosse la testa.

Noi non possiamo passare, non possiamo aprire una strada che non sia già segnata.

 

La Dama rise. O almeno questa fu la sensazione che le trasmise.

Lui può portarvi al sicuro, ma è così piccolo! Devi aiutarlo.

 

Estela guardò Pierre come se lo vedesse per la prima volta. «Ma chi sei tu?»

Il bambino ricambiò lo sguardo. «Sono sempre io, Pierre.»

La donna si tolse il medaglione d’argento con l’uomo cervo e lo mise al collo del bambino. «Concentrati, adesso. Questo medaglione è magico e ti aiuterà a fare quello che la signora del bosco si aspetta da te, Pierre.»

Il bambino sgranò gli occhi. «Ė magico?»

«Molto magico», rispose lei in tono serio. «Ascolta, Pierre. Noi siamo gli Seanchaidhthe, noi siamo gli unici a poter salvare queste persone. Dammi la mano e respira profondamente: guarderemo insieme la visione della Dama e li porteremo in salvo.»

Pierre annuì confuso, ma strinse forte la sua mano.

 

Odore di salsedine. Un gabbiano volava alto nel cielo scuro, lanciando un verso lamentoso. L’oceano era una distesa calma e brillava alla luce del sole, che si stava tingendo di rosso, basso sull’orizzonte. La scogliera e le mura del castello.

 

Estela strinse i denti e si sforzò per alzarsi. Non ricordava neppure di essere caduta in ginocchio. Pierre la guardava con il viso pallido, ma ben saldo sulle gambe. Di fronte a loro le scogliere di Tintagel, distanti mille chilometri e solo un battito di ciglia.

 

I fuggiaschi passarono dal bosco alla scogliera, rifugiandosi sotto un muro diroccato. Estela condusse Pierre dagli altri, la mano del bambino ancora saldamente nella sua. Restò con loro, mentre la confusione di quelle ore si trasformava gradualmente nella consapevolezza di essere ormai in salvo.

«Quello che avete visto oggi è difficile da spiegare. Se dovessero chiedervelo, siete arrivati qui con un battello di contrabbandieri, nel buio. Eravate troppo stanchi e confusi per capire che rotta stavate seguendo.»

Pierre la guardò con un velo di tristezza negli occhi ambrati. «Tu non resti con noi, signora lupo.» Non era una domanda.

Estela gli sorrise. «Io devo tornare indietro, ho una bambina piccola che mi aspetta a casa. Ma quando la guerra sarà finita ci rivedremo. Te lo prometto.»

Pierre portò una mano al medaglione e fece per toglierlo.

Lei sorrise ancora. «Tienilo tu, ti ricorderà quello che hai fatto oggi.»

«Ma tu non hai bisogno della sua magia?»

La donna gli scompigliò affettuosamente i capelli. «Ti ho detto una piccola bugia, Pierre. La magia non è mai nelle cose o nei posti. La magia è solo nelle persone.»

 

 

NOTE

 

“Il Sentiero di Pierre” è un racconto autonomo tratto dalla serie di Jacques Korrigan. Gli seanchaidhthe (dal 1948 si scrive “seanchaithe”, ma il racconto è ambientato durante la seconda guerra mondiale) nella realtà sono storici e narratori. Il termine si potrebbe tradurre come “custodi delle tradizioni” e nell’ambientazione del racconto le tradizioni non sono quelle irlandesi, ma implicano qualcosa di veramente particolare. I Sidhe sono il popolo fatato. Il termine gaelico è usato in senso generale per indicare fate, gnomi, folletti e spiriti assortiti. Secondo la tradizione, il mondo degli uomini e il mondo degli spiriti si avvicinano fino a toccarsi durante Samhain, antica festività celtica successivamente trasformata in Ognissanti (o Halloween) dal Cristianesimo.

 

Questo è un racconto di pura fantasia, ma durante l’occupazione nazista della Francia i Pirenei vennero davvero attraversati da fuggiaschi, molti dei quali ebrei, diretti in Spagna e in Portogallo e poi dall’altra parte dell’Atlantico. Erano guidati spesso da quei combattenti spagnoli antifascisti che si erano rifugiati in Francia qualche anno prima. Nella storia, il loro coraggio e la loro umanità fu l’unica magia che intervenne a salvare tante vite innocenti. E fu una magia straordinaria. A quegli uomini e quelle donne è dedicato questo racconto.

 

 

©2014 by Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni. Tutti i diritti riservati.

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