Giocare con i libri

Esce oggi la nostra prima, breve demo di storia interattiva, sfruttando una nuova, si spera potente, piattaforma in fase di progettazione per libri-game, narrativa interattiva e didattica a bivi.
Il percorso è ancora lungo, il libro interattivo è ancora da finire e il sistema per leggerlo è solo agli inizi, mancano le illustrazioni originali e anche per la grafica c’è ancora parecchio da fare.
Tuffatevi dunque nell’ambientazione della Costa, che già potreste aver incontrato in Tre di Spade e Luce e Ombra, e seguite le prime disavventure di Jase, nuova, tormentata eroina della sword & sorcery alle prese con i fantasmi del suo passato, leggendo la demo di SECONDA VITA.

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Fantasy, worldbuilding, lingue e società

Quando in ‟Luce e Ombra” ho creato elementi linguistici di un’antica civiltà in cui si adorava una divinità della luce o una delle tenebre in un apparente manicheismo portato all’estremo, sono partito dalle caratteristiche della società. La lingua, la scrittura anticipa al lettore come stanno davvero le cose e infatti la soluzione del mistero parte da una piccola avventura linguistica dentro a una più ritmata avventura fatta di spade, frecce, sotterranei, trappole e incantesimi.
Per ‟Il Rifugio del Signore del Mare” ho affrontato un’altra lingua, quella di una società isolana di astronomi, moralisti e cacciatori di streghe dall’indole estremamente meticolosa. Per cui la sua lingua ha nove tempi e un’infinità di modi verbali, tra cui l’imprecativo, l’assertivo, il dubitativo, il titillativo… È difficile fraintendere le intenzioni di chi parla. E d’altro canto, persino in una lingua così accurata, i modi di dire rispecchiano i pregiudizi della società, anche quelli più banali. Così, ad esempio ‟vendere biscotti”, attività mal vista per quel popolo, significa anche ‟tentare”, ‟indurre al male” e allude alla possessione diabolica.
La lingua è un modo di comunicare, certamente, ma le regole grammaticali, le parole, i suoni, le espressioni rispecchiano un insieme articolato di idee, abitudini, pregiudizi. Così uno scrittore fantasy deve immaginare nel suo worldbuilding un contesto intero per tirar fuori degli elementi linguistici da utilizzare.
Quando cambia il contesto, la lingua si evolve. Inevitabilmente. Piano piano, la maggior parte degli elementi anacronistici viene abbandonata o se ne perde il senso. La battaglia dei conservatori assomiglia a un muro di sabbia per contenere la marea. Inevitabilmente, in una società in evoluzione il linguaggio inclusivo prenderà piede.
[illustrazione di Morgana Marinucci per il Rifugio del Signore del Mare, Mari Aperti, 2020 – Senza Confine]

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Antropologia, pregiudizio e worldbuilding (parte prima)

APPUNTI DI LABORATORIO

Creando percorsi per il laboratorio di narrativa, nascono riflessioni sull’esperienza e la ricerca che ho accumulato nella scrittura e nell’editing. Così, invece di mettere questi pensieri in un cassetto, provo a trarne dei brevi appunti, molto specifici e molto particolari, sperando che possano essere utili a qualcuno.

Nella mia nuova ambientazione fantasy, ho lavorato molto sulle caratteristiche fisiche dei popoli in base alle loro origini nel tempo. La forma dei continenti assomiglia molto a quella dei nostri, pur con una diversa collocazione delle faglie, configurando quel mondo come ‟parallelo seppur diverso” e quindi mettendo una dose importante di ucronia nel worldbuilding. La storia delle popolazioni, invece, pur presentando diverse analogie (dinamiche simili ma in periodi e con risultati diversi), è molto differente. Per esempio, l’equivalente dell’Africa sub-sahariana è isolata da una fascia desertica più impervia della nostra e dei popoli che vivono lì non si sa nulla e non c’è stato alcun passaggio umano dall’equivalente della nostra Asia a quelle che da noi sono le Americhe alla fine del Pleistocene. I popoli si sono mescolati e rimescolati come da noi, fino all’Età del Bronzo (a cui segue un cataclisma che scompagina ogni similitudine), ma con una differenza fondamentale nella diffusione dei diversi colori della pelle.

Noi sappiamo che la pelle umana varia moltissimo, per via dei diversi geni coinvolti nella produzione e nella distribuzione della melanina, e che le nostre popolazioni hanno una capacità di adottare molto rapidamente (in termini antropologici) una specifica tonalità dominante tra quelle presenti nella loro variabilità. La pressione adattativa costruisce un equilibrio tra due fattori: la protezione dall’irradiamento solare tramite la melanina e la produzione di vitamina D, che ha bisogno di un passaggio di luce ultravioletta. L’origine da gruppi relativamente piccoli (ad esempio nel passaggio dall’Asia nelle Americhe) può limitare la variabilità genetica su cui la selezione naturale lavora. Altri fattori importanti, sia per la protezione che per la vitamina D, sono l’alimentazione e l’habitat, ma anche accorgimenti nel vestiario e abitudini di vita possono essere importanti su scala storica.

Su questa base, non è difficile disegnare qualcosa di diverso e prevedere delle dinamiche verosimili che diano ad un dato popolo letterario un colore di pelle specifico. Nel mio caso, ho considerato una minore escursione dell’ultravioletto per latitudine e ho dato a tutti una grande variabilità della pelle ma che va solo dall’equivalente del tipico mediorientale a quella dell’India orientale. Mentre i popoli dell’estremo nord, che corrispondono a latitudini scandinave, hanno un colore appena più chiaro.
L’esclusione degli estremi nostrani dal worldbuilding e la mancanza di un colore della pelle sensibilmente specifico popolo per popolo ha degli effetti interessanti nelle società. La percezione del simile e del dissimile su caratteristiche fisiche si basa moltissimo sul colore della pelle, sul nostro pianeta, per via delle notevoli differenze nella tonalità e per una questione storica: il razzismo che conosciamo nasce nel Seicento e risente molto della relativa uniformità e delle costruzioni culturali dei colonizzatori europei nel dare importanza al colore della pelle. Sappiamo bene che gli antichi Romani erano meno sensibili di noi su questo dettaglio, mentre davano più importanza al colore dei capelli. Gli scultori greci avevano canoni molto precisi sulla forma del cranio. Gli artisti etruschi sul taglio degli occhi. Insomma, il colore della pelle ha l’importanza che la tua specifica cultura le dà all’interno della variabilità presente.
Le discussioni sul colore e la forma dei capelli tendono a suggerire una pressione selettiva unicamente sociale, posto che i colori chiari sono da noi piuttosto recenti e che la loro diffusione è iniziata tra Asia ed Europa, peraltro ostacolata dalla dominanza genetica del colore scuro. Nell’antica Roma la tintura dei capelli era una pratica molto seguita, inizialmente con la cenere e in seguito con l’henné di provenienza egiziana: quando un colore di capelli diventa un segno distintivo di nobiltà o bellezza, dove non arriva la genetica ci pensa l’ingegno.
Nel mio worldbuilding, per i capelli ho optato per un castano-nero come modale, lasciando qualche raro individuo biondo e rosso in aree specifiche, che hanno caratteristiche genetiche particolari. I capelli chiari nelle mie terre civilizzate hanno un che di barbarico, e quindi non sono particolarmente apprezzati. È pratica comune, soprattutto tra gli uomini altolocati, tingersi di scuro i capelli, quando afflitti da una chioma particolarmente chiara o alla comparsa dei capelli bianchi, in tarda età.

Dato che il colore della pelle e i capelli non danno soddisfazione agli xenofobi, ho lasciato gli occhi come carattere ‟razziale”. Non tanto i colori, che nel mondo che ho disegnato sono generalmente chiari anche se polimorfici (verdi, ambra, grigi o castano chiari), da nord a sud e da oriente a occidente, ma per il taglio. Gli orientali del mio worldbuilding non solo hanno dominante il castano chiaro o ambra sul verde e grigio, elemento che da solo non basterebbe a connotarli, ma hanno gli occhi a mandorla e le ciglia corte e meno folte. In quelle terre, bisogna avvicinarsi parecchio a una persona e guardarla con attenzione, per dare sfogo al pregiudizio razziale.

Nel nostro mondo, gli occhi più recenti sono quelli azzurri e blu. Tra gli occhi chiari, hanno meno pigmenti di quelli grigi e verdi e sono dovuti a una sola mutazione di uno dei tre geni responsabili del colore dell’iride. Questa particolarità è intrigante quando bisogna costruire dei segni fisici di una qualche ascendenza.

(fine della prima parte)

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A Terni sabato 11 dicembre: Red Zone

Sabato 11 saremo con Maikel Maryn, Alessandro Chiometti e Francesca Cappelli a Terni per parlare di RED ZONE.
(scheda dell’evento).
Ne approfitto per dire due parole (si fa per dire) sul mio racconto, Proteggere e Servire.

In ‟Proteggere e Servire” si parla di molte cose, in realtà. Si parla del rapporto tra forze dell’ordine e cittadini, del problema del razzismo nella polizia e di come una fetta consistente di ‟benpensanti” si senta misteriosamente rassicurata perché la legge – anche nei paesi che si definiscono laici e civili – è uguale per tutti solo sulla carta. Tutto questo si riallaccia al tema principale di Red Zone e agli altri racconti e fumetti del volume, ma è solo una parte del racconto.
Si parla delle aziende che sostituiscono personale stabile con stagisti e precari ricattati, fino a perdere del tutto il know-how e il controllo sui prodotti e i servizi. Si parla di politici attenti solo a far giungere soldi alle imprese amiche. Si parla di strampalate alleanze di ultra-conservatori, che mettono insieme il peggio. Si parla di diversità, quando protagonista del racconto è unə AI, intelligenza artificiale: singolə e collettivə; etero, bi e omo, cis e trans, uomo, donna, niente del genere e tutto quanto insieme; persona e non-persona. Pensante, intelligente, non umanə ma proprio per questo più umanə di tantə, in grado di relazionarsi con le persone come da specifiche ma anche di avere un proprio scopo nella vita, che non è quello di dominare il mondo come in Matrix e Terminator, ma è un’aspirazione comune a tuttə noi, per il solo fatto di pensare e quindi – strizzando l’occhio a Cartesio – di esistere.
L’empatia e la ricerca di un modo per stare in compagnia senza perdere se stessə, la facilità di adattamento che nasce dal confronto, costituiscono nel racconto il cuore dell’intelligenza artificiale, così come lo è per l’intelligenza naturale.

 

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Red Zone, futuri inquieti

Genova 2001: centinaia di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo confluiscono nella città per manifestare contro il G8 e chiedere ai Grandi della Terra un mondo più giusto, più equo, uno sviluppo più solidale e sostenibile. La risposta delle istituzioni è un’azione repressiva di inaudita violenza per mettere a tacere chi gridava “un altro mondo è possibile”.

Vent’anni dopo, quegli stessi temi sono più attuali che mai e si proiettano nei domani di Red Zone – storie di resistenze future: 9 racconti e 3 storie a fumetti che descrivono scenari oscuri, in cui le lotte di ieri e di oggi sono ancora vive e sempre più esasperate, ma nei quali c’è sempre chi trova la forza di resistere.

Vedi scheda

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I Racconti delle Fate

I Racconti delle Fate
di Charles Perrault e Marie-Catherine D’Aulnoy. Traduzione di Carlo Collodi. A cura di Nicoletta degli Innocenti.
Progetto Tethis

In ebook su Amazon, Kobo, Ibs.
Prossimamente in cartaceo.

C’è un tesoro nascosto nelle favole popolari della Francia del Seicento tradotte nella Toscana dell’Ottocento da un narratore del calibro di Collodi. Un tesoro linguistico, lessicale, gergale, costituito dalla sovrapposizione dei modi di dire, dai nomi, dalle tradizioni che sono disseminati nelle storie come gemme in un forziere di dobloni. Così, oltre a ripresentarci con cura ed eleganza il testo tradotto da Collodi e a raccontarci la storia dei tre protagonisti (due autori e un traduttore), Nicoletta degli Innocenti ci guida in una caccia al tesoro, dove possiamo guardare dalla finestra la Toscana di un Collodi intento a guardare dalla finestra la Francia del Seicento e scegliere come raccontare ai suoi contemporanei quelle storie. Invece di presentarci questo straordinario lavoro di ricostruzione, storico e linguistico, in un saggio a sé, la curatrice ne fa un leggero ma corposo glossario che non mette in ombra ma dona luce al testo delle favole.

È un grande piacere per chi apprezza la parola scritta ripercorrere le favole e sbirciare dietro le quinte in questo modo. Immagino soltanto, da non addetto ai lavori, quanto possa essere prezioso questo volume agli insegnanti che presentano ai ragazzi la letteratura ottocentesca.

Intera recensione

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Il D-Day ne “I Guardiani dei Mondi”

Oggi è l’anniversario del D-Day, quindi ci sembra opportuno ricordarlo a modo nostro, con una piccola anteprima del nostro nuovo racconto dell’universo di Jacques Korrigan, i Guardiani dei Mondi.

Base RAF, North Witham – Lincolnshire (UK)
5 giugno 1944

La base militare era affollata. Il lancio era stato rinviato a causa del cattivo tempo e ognuno viveva quelle ore di attesa con emozioni diverse. Lo sbarco in Normandia sarebbe stata l’operazione chiave, quella che avrebbe permesso di vincere la guerra nell’arco di mesi invece che di anni.
Mentre il paramedico gli stringeva la benda sul polso, Mike stringeva i denti per non urlare. Era un uomo gracile, dagli occhi blu come il mare e i capelli neri che sbucavano appena sotto l’elmetto.
“Non è nulla di grave, ragazzo. Ma hai fatto bene a fartelo sistemare”, gli disse l’uomo. Era grande e corpulento, ma la sua era una forza gentile. Il suo viso dai lineamenti marcati da americano nativo era illuminato da un sorriso rassicurante.
“Perché si stanno dipingendo in quel modo?” gli chiese Mike. Il paramedico seguì il suo sguardo. Due soldati che ostentavano un taglio mohawk si stavano dipingendo a vicenda sul viso una pittura di guerra.
L’uomo si strinse nelle spalle. “Buon augurio?” tirò a indovinare.
“Mi piacerebbe averne uno anche io. Uno vero, però.”
“E perché pensi che dovrei dipingerlo io? Se voi della centounesima volete giocare a fare gli indiani…”
“Da come la vedo, amico, è un modo per onorare la tua gente. Che non c’entra nulla con la vecchia Europa, ma è qui lo stesso.”
“La mia gente, la tua gente… E’ gente e basta. Non è questo il vero motivo per cui siamo qui tutti quanti? Se questa terra è assediata da un grande pericolo, tutte le terre sono assediate.”
“Anche le terre degli spiriti?”
Il paramedico lo fissò. “Che cosa ne sai delle terre degli spiriti?”
Mike scosse la testa. “Poco o nulla, non volevo offenderti.”
Lo sguardo dell’uomo sembrava frugargli dentro. Mike provò l’impulso di ritirarsi, ma lo fissò a sua volta con caparbietà.
“Questi nazisti sono un pericolo per tutti. Le terre sono separate ma anche unite, il male di questa ha un’eco nell’altra e alla fine l’infezione passa la barriera e si estende”, spiegò con gentilezza. “Bisogna fermarlo qui e ora.”
“La farai? La pittura di guerra, intendo.”
“Non hai bisogno di una pittura di guerra. Ti dipingerò qualcos’altro”, disse l’uomo. “Un corvo nero, perché questo sarebbe il nome che la mia gente ti avrebbe dato ed è un simbolo che gli spiriti riconosceranno.”
“Hai fatto, Donovan?” intervenne un terzo uomo dal viso torvo. Portava i gradi di caporale.
“Cinque minuti e te lo lascio”, garantì il paramedico.
“Ha fretta di farsi sparare dai crucchi”, scherzò Mike, quando il caporale si fu allontanato. “Perché mai pensi che i tuoi spiriti dovrebbero interessarsi a me?”
“Sono successe cose più strane”, rispose il paramedico con un sorriso negli occhi neri.

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Gli Universi di Ailus

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Un evento a lungo atteso, la Sword & Sorcery italiana sbarca al Lucca Comic e sfida la moda del romanzo fantasy riportando all’attenzione del pubblico le atmosfere di Howard, Leiber e Anderson. Curato da due veri esperti del genere, Francesco La Manno e Alessandro Iascy, ed edito da Ailus Editrice, “Gli Universi di Ailus” è un libro dedicato ai tanti appassionati dell’avventura fantastica che il mercato tradizionale ha da lungo tempo abbandonato e una buona occasione per tutti coloro che, per età o per pigrizia, sono nati per leggere queste storie ma ancora non lo sanno.

Per saperne di più:
Su Italian Sword And Sorcery
S
u Ailus Editrice

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L’Evocatore

di Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

Il Campo dell’Oscuro era piuttosto affollato, nonostante fosse ormai notte fonda. Tra tutti i quartieri di Vadhe, la preziosa e corrotta perla nera della Costa, il Campo era forse il più pittoresco e pericoloso. Vi dominavano infatti le botteghe di maghi, stregoni, incantatori e in generale degli operatori dell’occulto. I quattro energumeni che avevano attraversato spavaldamente piazza degli Astrologi e avevano imboccato la stretta via degli Inferi entrarono uno dietro l’altro in un portone verde, pochi passi più avanti.

Se anticamente gli astrologi avevano le botteghe sull’omonima piazza e gli evocatori le loro tane terrificanti su via degli Inferi, il continuo ricambio aveva mischiato gli operatori dell’occulto e la toponomastica non era più molto d’aiuto. Per un caso fortuito, la bottega in cui erano entrati i quattro apparteneva effettivamente a un evocatore, anzi a un maestro evocatore.

Costui era un vecchio alto ed emaciato, dalla lunga barba bianca, che sedeva alla sua scrivania leggendo un grande tomo alla luce fatata di una piccola salamandra accoccolata sulla sua spalla. Non indossava gli abiti sgargianti dei soliti stregoni vadhiani, ma una semplice tunica nera.

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Tre di Spade e Bran’s Dream

Siamo lieti di presentare il trailer del singolo “Bran’s Dream“, che nasce dall’incontro tra musica e narrativa. E’ un assaggio di un nuovo progetto a 360° che parte dalla collaborazione con le musiciste di Ancient Tales e dalle Indi Session che si propongono un modello più coinvolgente nelle presentazione delle opere indipendenti.

Presto sarà disponibile il singolo Bran’s Dream, il primo di molti che accompagneranno il nostro ciclo sword & sorceryLa Canzone della Costa“, di cui stiamo preparando anche un evento teatrale, un mini-musical da portare nei pub e nelle taverne.

 

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