L’Evocatore

di Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

Il Campo dell’Oscuro era piuttosto affollato, nonostante fosse ormai notte fonda. Tra tutti i quartieri di Vadhe, la preziosa e corrotta perla nera della Costa, il Campo era forse il più pittoresco e pericoloso. Vi dominavano infatti le botteghe di maghi, stregoni, incantatori e in generale degli operatori dell’occulto. I quattro energumeni che avevano attraversato spavaldamente piazza degli Astrologi e avevano imboccato la stretta via degli Inferi entrarono uno dietro l’altro in un portone verde, pochi passi più avanti.

Se anticamente gli astrologi avevano le botteghe sull’omonima piazza e gli evocatori le loro tane terrificanti su via degli Inferi, il continuo ricambio aveva mischiato gli operatori dell’occulto e la toponomastica non era più molto d’aiuto. Per un caso fortuito, la bottega in cui erano entrati i quattro apparteneva effettivamente a un evocatore, anzi a un maestro evocatore.

Costui era un vecchio alto ed emaciato, dalla lunga barba bianca, che sedeva alla sua scrivania leggendo un grande tomo alla luce fatata di una piccola salamandra accoccolata sulla sua spalla. Non indossava gli abiti sgargianti dei soliti stregoni vadhiani, ma una semplice tunica nera.

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